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martedì 14 agosto 2007

LondonUnderTheRain

Ore 23 e 45. un sobborgo di londra, mezz’ora di metro dal centro. Fuori piove..è quella pioggerellina fina, britannica, che ti entra nelle ossa e ti fa venire un brivido. Si sentono delle voci, l’insonorizzazione non è delle migliori. Sono voci di neri, voci grosse, stanno litigando. Forse per soldi, si danno reciprocamente del “dog”. Ogni tanto passa una macchina, rallenta, si ferma allo stop. Poi riparte, slittando sull’asfalto bagnato.
La strada è come tante, dritta, affiancata da casette tutte uguali, con tre comignoli rossi. Da qualcuno si alza un fumetto timido, appena sufficiente per stemperare l’aria nelle case. Il cielo è arancione, le luci della città si riflettono sulle nuvole. Ogni tanto un aereo fa rotta per atterrare ed un fascio di luce si staglia tra le nuvole, vagando alla ricerca di chissacheccosa.
In lontananza, ogni tanto si sente un treno che passa: sono treni che vanno distante, alcuni arrivano fino a Parigi. Parigi lontana, illuminata, silenziosa sotto un cielo plumbeo. Parigi sorniona, ironica, romantica, dissoluta. Parigi che dorme ma Parigi che si diverte, nel silenzio, al buio. Ballerine, trapezi, rosso rubino, ricchi uomini d’affari, nuovi venuti, forestieri. Tutti cercano, tutti trovano. Anche se solo per poco. Anche se solo per una notte.

Pioggia a Londra. Pioggia uggiosa, pioggia silente, pioggia di meditazione. Londra antica, Londra che cambia, Londra che protegge ma Londra che accoglie. Lunghi viali, case bianche, Chelsea, Kensinton, Knightsbridge, macchine veloci, macchine rare. Corrono. Dentro, uomini vestiti di nero, uomini invisibili a finestrini oscurati. Uomini che parlano con altri uomini, Londra che parla con Singapore, con Hong Kong, con Taipei. Londra che governa, Londra che controlla.
Londra che fuma, silenziosa, guardando fuori dalla finestra. Londra di radio Londra, frequenze, messaggi, attacco, difesa, patria, lacrime, sangue, resistenza.
Londra sotto le bombe, Londra sotto la pioggia, Londra e il fuoco.

Dentro, una luce fioca. Un led, la televisione in stand by. Un laptop acceso, piegato sulle gambe. Appena accennata, Sarah McLahlan, Angel. Aperto, un foglio word, tante parole, tanti pensieri, tante sensazioni.
Mondo, grande, connessioni, distanze, buio, ponti radio, pianure sconfinate, cavi telefonici, radio Mosca, Bbc, Radiouno, Varsavia, il muro, il muro è caduto Berlino, Berlino sotto le bombe, Berlino in macerie. Berlino di spie, di oscurità, di mezze parole, di auto che corrono, di strade strette, di silenzi e di fughe.
Uno specchio. L’immagine della finestra, il giallo delle pareti. Il mondo. Un mondo. Il mio mondo. Il tappeto dà sicurezza, lo spazzolino, le Marlboro, Hermes, scatola arancio la sicurezza degli oggetti.
Sullo schermo corrono le lettere, corrono i pensieri, corre la mente. I giochi di bambino, la ricreazione a scuola, le corse nei campi, l’amore nei campi. Gli amici, persone lontane, persone perse per sempre, grandi uomini, grandi donne. Grandi film, grandi avventure, grandi emozioni, grandi corse…
Il mondo è dietro, il mondo è davanti. Due mondi che s’incontrano, due mondi che si scontrano. Voglia di passato, voglia di futuro. Le certezze del passato, le incertezze del futuro. Voglia di vivere, voglia di correre, voglia di amare. La vita, le sfide, le passioni, i dolori, la morte. La forza, la vita.


Da bambino volevo un cane. Ma i miei erano poveri. Cosi' mi comprarono una formica. (W. Allen)

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