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mercoledì 12 dicembre 2007

GrazieLondra

A poco più di una settimana dalla mia partenza, sento di dover ringraziare questa città, che in cinque mesi mi ha dato tanto anche se talvolta ha preteso tanto in termini di sicurezza personale. Stare via da casa non è facilissimo, io però non ne ho sentito molto il peso negli ultimi anni. Ma stavolta è stato diverso, sono partito in un periodo non facile della mia vita, è stata la prima volta che sono uscito "da adulto", in cui me la sono sempre cavata da solo. I soldi poi sono quello che cambia tutto: se te li devi guadagnare, fai uno degli scalini che ti portano a diventare adulto. Non posso dire di essere adulto, sono sempre il solito scassaballe insicuro presuntuoso di sempre (sono la sintesi delle antitesi direbbe qualcuno...mi piace sta frase, devo ricordarmela...) ma almeno sono diventato consapevole di esserlo. E qua cominciano i problemi. Ci penserò una volta a casa.
Intanto però devo dire grazie a Londra, una città che ti sorprende sempre. Una città in cui tutto funziona, in cui tutti sono al loro posto (a parte i negri....ho sviluppato il razzismo verso i negri. Sono maleducati, rumorosi e non hanno un minimo di cultura...in parte è colpa nostra, lo ammetto), in cui ti senti abbastanza sicuro, anche se torni a casa alle cinque di mattina (come oggi) e sai che non ti succede niente. La chiave è che qui la gente va a letto presto e, anche se no, non sta in giro tutta la notte a cazzeggiare e bere...
E poi la gente è valida...ok, hanno il vizio del sarcasmo ma, se gli fai capire che non lo gradisci (mai farlo durante il lavoro, potrebbero spedirti a casa come successo...) tornano al loro posto. E poi sono onesti, assomigliano alla gran parte dei veneti. La differenza è che sono meno stressati e meno ossessionati dal "scheo". Qua la gente è più tranquilla, più pacifica e, cosa che si nota subito, è sempre di buon umore. Verrebbe da dire che, paese nordico, la gente sia silenziosa e triste. Contrario: l'inglese medio è un pacioccone, che parla parecchio ma senza chiaccherare. Vivendoci, penso di aver capito un po' come funzionano: qua sono tranquilli perchè non devono continuamente pararsi il culo da uno stato che gli porta via tanto dando loro indietro poco e quindi la loro esistenza è serena. Non ci sono grandi problemi. E' questa la magia del welfare state di origine nordica.
E poi sono fondamentalmente solidali: se hai un problema, il vero inglese è empatico: ti sostiene, ti dà consigli, ti sta vicino. Un po' come il veneto medio. Con la differenza che il veneto e l'inglese vanno difficilmente d'accordo perchè entrambi all'inizio sono un po' diffidenti (giustamente...se vai a Napoli tutti amici, salvo poi prendertelo in culo quando hanno bisogno di qualcosa)e quindi ci sarebbe un clash of civilization..:) troppo chiusi entrambi, ci sarebbero problemi. Lo dice uno che sa di non essere il re degli aperti...
In ogni caso, visto che credo vivamente nell'importanza delle esperienze all'estero dei ventenni, consiglio di viverci per un po'. Poi si torna a casa con l'idea di come funzionano le cose in un paese civile (non che il Veneto non sia civile, ci mancherebbe) e un po' di idee su come migliorare la propria terra se si ha un po' di coscienza civile...

2 commenti:

Unknown ha detto...

AhiAhi casetta... non ci sono abbastanza rumeni con cui prendersela li?
L'idea di stato (o di comunità) che hai, cioè di una violenta contrapposizione tra il Noi (veneti, padani,...), e gli Altri (che siano Rumeni, Negri, Rom, Terroni,...) è del tutto estranea alla tradizione scientifica anglosassone. Viene (come probabilmente sai) dalla scuola tedesca, da Carl Schmitt, scuola che ha finito per degenerare nel nazismo. La tradizione anglosassone viene da David Easton, che non cita in continuazione il noi, il voi, il confine (anche perchè li in uk i confini sono abbastanza stabili essendo un'isola...). La sua idea di comunità è quella di insieme che, preso atto delle stratificazioni sociali, cerca di allocare al meglio i valori di cui dispone (benessere, sicurezza,...)
Non voglio sembrare "accademico" ma mi spiace troppo quando vedo che anche laboratori di contaminazione culturale come una grande metropoli non riescono a levarti quella necessità di trovare il nemico, il cattivo, e di identificarlo a livello razziale.

Anonimo ha detto...

Mah Lello a dire il vero è proprio in questi contesti che ti rendi conto delle differenze, che non sono il vero problema fino a quando non sconfinano nell'incompatibilità di modelli comportamentali. Qui gli arabi (si, proprio gli arabi), gli indiani, i cinesi, tutte le razze, sono ben integrati non nel modello culturale ma nell'insieme di regole di convivenza civile che tutti dovrebbero osservare. I neri no, fanno caso a parte. Il concetto di sfere di libertà è evidentemente un prodotto assorbito da tutte le culture tranne quella nei neri. I quali,e qui penso stia il problema, non hanno mai avuto un vero impianto culturale-civile. Siamo andati a prenderli in Africa Centrale dove vivevano una vita regolata dalla natura e li abbiamo schiavizzati, portati in Europa ed America dove hanno dovuto costruirsi una propria identità culturale. Quindi sono nati il jazz, lo swing, il rap e adesso l'hip hop. Come mio nonno non sopportava il jazz perchè troppo diverso dal suo modello culturale, io non sopporto l'hip hop. Lo street style non è di certo quello che reputo cultura: linguaggio violento, zero moralità. Non che nella musica bianca non ci siano esempi, ma la media è un po' più alta...Quindi non sono io quello che va a cercare il nemico, è che non posso fare a meno di notare certe differenze comportamentali..